Da
Pensieri in libertà n. 64 (Domenico Pizzuti s.j.), riceviamo una nota, sulle dichiarazioni di Papa Francesco sul ruolo delle donne nella vita della chiesa.
PAPA FRANCESCO E LE DONNE NELLA CHIESA
di Domenico Pizzuti
Un papa Francesco concentrato e poco effusivo ha presieduto la nello splendore del barocco della chiesa del Gesù di Roma la celebrazione della festività liturgica di S. Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, a cui erano presenti con il sottoscritto 283 gesuiti delle varie comunità romane. Si può pensare che fosse stanco per le fatiche della trionfale GMG di Rio de Janeiro, ed in considerazione del carattere rituale della celebrazione, ma certo aleggiava il ricordo del colloquio senza rete di Francesco con i giornalisti al seguito nell’aereo che lo riportava a Roma. Dalle risposte del Papa e dai commenti sono stati messi in rilievo la novità di atteggiamenti su numerose questioni dai gay, ai sacramenti ai divorziati risposati, all’importanza delle donne nella chiesa, che fa prevalere la considerazione della persona sulle norme e sui rappresentanti della chiesa, e la continuazione della ricerca su numerose questioni.
Un esempio può essere la risposta di Francesco alla domanda sul ruolo delle donne nella vita della Chiesa, in cui pur riaffermando la pronunzia definitiva ad opera di Giovanni paolo II sull’accesso delle donne all’ordinazione sacerdotale - tra l’altro praticata senza danni in confessioni protestanti come la chiesa anglicana, ecc. –, con le parole “quella porta è chiusa”, si riconosce che una Chiesa senza le donne è come il collegio apostolico senza Maria, che è più importante degli apostoli. E la donna è più importante dei vescovi e preti. Questo riconoscimento dell’importanza delle donne come persone nella vita della chiesa, a nostro avviso, può significare una relativizzazione delle norme ecclesiastiche riguardanti i ruoli nella vita della chiesa che devono rispettare e promuovere questa importanza secondo i carismi o le vocazione che si manifestano nella comunità cristiana. Si auspica una più approfondita teologia delle donne nella Chiesa. Ci si può chiedere: secoli di culto e teologia marina che cosa hanno significato per le donne nella vita della Chiesa ? E’ una ricerca che non va solo affidata e commissioni di teologi e studiosi, deve interessare le diverse comunità cristiane di regioni e nazioni, e la sperimentazione di forme congrue e nuove di partecipazione alla celebrazione delle Messe, come già avviene sopratutto per celebrazione della Parola la preghiera dei fedeli.
È certo riconosciuta, ma ancora non adeguatamente focalizzata nella stessa concezione dei praticanti, la dottrina cattolica sul sacerdozio universale dei fedeli nella stessa celebrazione eucaristica quotidiana e domenicale, distinto dal sacerdozio ministeriale. Al di là della pronuncia definitiva ricordata, si deve certo far risaltare e vivere questo sacerdozio comune dei fedeli e la stessa importanza esaltata dal Papa Francesco delle donne nella vita della chiesa di fronte a clericalismi di ritorno cioè a forme di autoritarismo maschilista clericale. Un quesito si può sollevare: a che condizioni ed in quali circostanze questo sacerdozio universale dei fedeli anche per le donne può significare chiamata o vocazione riconosciuta allo stesso sacerdozio ministeriale? Non spetta al sottoscritto definirle, ma ad una vita di chiesa aperta alla ricerca ed alla partecipazione anche delle donne nella vita della chiesa senza dare adito a rivendicazioni o pretese che pur avrebbero senso. Come si afferma nella teoria dell’etichettamento per la definizione della devianza e criminalità, secondo la quale la devianza dipende dalle norme e leggi che alcuni pongono: i bianchi per i neri, gli uomini per le donne e così via. E’ una considerazione di natura sociologica che si può proporre, perché al di là dell’autorità magisteriale riconosciuta, sono degli ecclesiastici che definiscono le norme per l’accesso delle donne ai ruoli sacerdotali. Non si può trascurare in ogni caso un dato demografico: le donne (spesso anziane) sono la maggioranza nelle celebrazioni liturgiche nostrane, e qualcosa bisognerà pur fare!
E forse nel e dal mondo celeste lo stesso Giovanni Paolo II è più libero per aprire porte ritenute sbarrate. COSÌ SIA.
Napoli, 1° agosto 2013